Mi chiamo Matteo, 

A giocare?

Ho cominciato per caso. Era nel 1990.

Vivo in provincia di Caserta.  Sono sposato dal ‘79, ben 36 anni. Ho una figlia, sposata pure lei: ha un bambino; vive lontano, in Puglia. Lavoravo nel settore alimentare, in una grossa ditta ad Arzano, con circa 140 dipendenti.

A giocare? Ho cominciato per caso. Era nel 1990.

Tutte le mattine, mentre aspettavo un amico per andare insieme al lavoro – <<ci davamo appuntamento vicino ad un bar>> – per ammazzare il tempo, mi mettevo vicino alle macchinette e giocavo qualche soldo. Non lo avevo mai fatto prima! Non avevo mai giocato nemmeno a carte! Mai una bolletta[2]; mai neppure la schedina del totocalcio.

Ho cominciato così a giocare: prima 1€, poi 2. Sono arrivato a giocare alle slot machine la somma di 100€ ogni volta che ci andavo. Questa situazione è andata avanti per molti anni. A un certo punto è diventata insostenibile, perché sono arrivato a giocare anche 1000 euro in un sol giorno. 

È stato allora che ho chiesto aiuto.

Prima ne ho parlato a mia moglie, che aveva cominciato a sospettare qualcosa: mancavano troppi soldi sul conto corrente senza convincenti giustificazioni. Io avevo a disposizione il blocchetto di assegni e mi sono dato da fare ad usarli come garanzia, ma spesso non onoravo l’impegno assunto e finivo con l’assottigliare il conto in banca. Con mia moglie, abbiamo cercato aiuto. Da una ricerca su internet abbiamo appreso dell’esistenza di questo servizio, attivato dall’ASL di Caserta, che si occupava specificamente della dipendenza dal gioco.

Ho così cominciato un percorso terapeutico.

Dopo qualche colloquio iniziale, sono stato inserito nella terapia di gruppo.

Dopo 7-8 mesi che frequentavo il gruppo, ho avuto di nuovo una ricaduta con il gioco. È stata dura! Dopo tutti quei mesi a lavorare su di me, per stare bene; pensando alle facce di tutti quelli del gruppo che mi guarderanno …… che figura! Che brutta figura sentivo di fare, come se avessi rotto un patto con tutti quelli del gruppo. Ma mi sono ripreso. Da allora, non ho più giocato!

Per fortuna non ho perso il lavoro che avevo . Riguardo la gestione dei soldi che guadagno, ho accettato un accordo con il responsabile che mi cura, in base al quale essi sono gestiti da mia moglie.

Mi trovo bene nel gruppo: è grazie ad esso se io oggi sto bene.

Mi dispiace molto vedere alcuni degli altri partecipanti al gruppo che sono tristi perché hanno perso anche il lavoro, come nel caso di Mario. Purtroppo, in questa dipendenza tutto è difficile: c’è chi è riuscito a venirne fuori e chi no.

Si fa molta fatica ad andare avanti, nel gruppo ma anche nella sua vita. Sandra, ad esempio, dopo un lungo periodo di terapia di gruppo, è ricaduta nuovamente nel gioco: ha perso il lavoro che aveva trovato e ha rotto anche il marito. Ora sono come separati in casa.

A volte penso che potrei portare qualcuno di loro a lavorare con me, ma ho paura che stando insieme potremmo influenzarci negativamente e finire col tornare a giocare di nuovo.   

Oggi mi sento più forte. Al gioco non ci penso per niente; faccio una vita regolare: sveglia al mattino verso le 7:30, per andare al lavoro; poi quando rientro a casa, ci resto tutto il pomeriggio. Mi occupo di acquistare le merci dai grossisti e nei mercati e poi le rivendo. Vent’anni fa il mio era un lavoro ricco: potevo guadagnare in un giorno anche un milione di lire. Comunque, in questo ambito i soldi che girano sono tanti e, così, può essere tanta anche la tentazione.

Un tempo potevo maneggiare qualsiasi cifra di denaro, senza avere alcuna tentazione di giocare, perché non ci pensavo per niente. Poi ho cominciato! Piano piano, fino ad arrivare alla dipendenza.

Ho cominciato per noia. Poi, quando giocavo, non pensavo più a nulla e a nessuno: le slot erano il mio unico pensiero. Sono passati venticinque anni da quelle mattine al bar; oggi, se non avessi giocato sarei proprietario di almeno cinque appartamenti.

Sono pentito, ma purtroppo il pentimento viene solo dopo. Adesso sono in pensione. Cerco di tenermi impegnato, vado la mattina in campagna. Poi rientro a casa per il pranzo. Oggi, per esempio, sono uscito nel pomeriggio solo per andare dal barbiere. Spero di avere buona salute e di invecchiare in serenità senza avere la preoccupazione di non potermi comprare le medicine che mi occorrono.

Ho una buona pensione; circa 1.300 euro al mese e, fortunatamente, non ho debiti.

Mi dispiace per molti del gruppo che oltre al problema della dipendenza, si ritrovano anche con tanti debiti. Maurizio, per esempio, si è giocato oltre un milione e mezzo di euro; adesso non ha i soldi nemmeno per comprare le sigarette.

Mi chiedo come farà a vivere Sandra che ora non lavora più e con il marito che prende solo una piccola pensione.

Mario ha perso il lavoro e si sente umiliato perché la moglie, che non aveva mai lavorato, ha dovuto rimboccarsi le maniche per portare qualche soldo a casa. Anche mia moglie lavora; fa la sarta in casa, cuce abiti eleganti e da sposa; è impegnata anche con delle ripetizioni scolastiche. Noi stiamo bene! Mi auguro di morire di vecchiaia senza alcun pensiero. Mia moglie Giulia è più piccola di me di alcuni anni: ora so che alla mia morte non la lascerò con problemi economici.

Alla nostra età è difficile riprendersi dai problemi economici e dai tanti debiti che si sono contratti nei lunghi anni della dipendenza. Cerchiamo, quindi, di goderci la vita finché ci è possibile: a dicembre siamo stati cinque giorni a Roma e a gennaio andremo in Puglia a trovare nostra figlia.

tratta dal libro il gioco senza sorriso

 

 

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