Caratteristiche del gioco d’azzardo al femminile 
tratto dal libro Il gioco senza sorriso

 

Sebbene per secoli il gioco d’azzardo sembra essere stato esclusivo appannaggio della popolazione maschile, possiamo valutare questo dato come appartenente a una impostazione culturale che vedeva i luoghi deputati al gioco negati alle donne. Da questo punto di osservazione ritroviamo la fotografia di donne “non giocatrici” non per mancanza di desiderio, ma di opportunità.

La foto di oggi mostra invece una donna che sta vivendo la sua rivalsa sociale anche nel mondo del gioco d’azzardo. In questi ultimi anni si è registrato un record tutto al negativo, data l’esistenza di luoghi di gioco che sono veri e propri domini al femminile, basta pensare che l’80% delle sale bingo è frequentato da donne. Potremmo leggere questo dato come una conseguenza del tacito divieto da parte delle donne di accedere a certi spazi “vietati” da un codice sociale “maschiocentrico”. Inoltre, oggi, una fetta dell’universo femminile è riuscita ad appropriarsi anche dei nuovi luoghi del gioco, quelli virtuali. In Inghilterra è conosciutissimo un sito di gioco d’azzardo on-line (cashcade) che registra l’80% di iscrizioni al femminile, anche il comunissimo e diffusissimo gratta e vinci sembra avere la stessa prevalenza. In Italia, addirittura si attesta sul 49% il gioco on-line al femminile.

Per questi ed altri motivi, la popolazione del gioco al femminile potrebbe rappresentare, nella letteratura generale di questa patologia, un capitolo a parte, infatti sebbene siano moltissimi i punti in comune con le caratteristiche della popolazione maschile, sostanziali sono le differenze che caratterizzano le “giocatrici”.

In letteratura scientifica, eccetto alcuni contributi, sia a livello nazionale che internazionale, sono esigui i lavori che presentano dati e ricerche sul fenomeno gioco d’azzardo al femminile, lo stesso dicasi dei programmi terapeutici specifici. Alcuni autori sono concordi nell’indicare un forte incremento delle giocatrici patologiche, tanto da rappresentare oltre un terzo dell’intera popolazione di giocatori d’azzardo. Tuttavia, ad accedere ai servizi di cura le donne presentano maggiori difficoltà rispetto agli uomini, almeno in Italia. Dato in contrasto con quanto avviene in Australia e negli Stati Uniti.

Le motivazioni che ostacolano maggiormente la richiesta d’aiuto sono da ricercare nel ruolo sociale, che da sempre riveste la donna nella famiglia, con la conseguente difficoltà dei familiari ad accettare il sintomo, che viene in alcuni casi addirittura ignorato. La donna nella nostra cultura è colei che si prende cura della famiglia, per gli altri membri diventa impossibile tollerare che proprio lei non sia in grado di assolvere al suo ruolo, rischiando di diventare un pericolo e un danno per la famiglia stessa. Questa è una delle ragioni per cui i tempi di consapevolezza e la conseguente richiesta d’aiuto diventano tardivi, talvolta le donne portatrici di questo disagio non arriveranno mai ai Servizi di Cura dedicati.

L’esperienza clinica e la letteratura, esistente ma esigua, ci permettono di delineare caratteristiche della giocatrice come una donne che:

  • inizia a giocare in tempi più tardivi rispetto all’uomo
  • vive un decorso delle problematiche connesse al gioco più rapidamente
  • gioca per evitare sentimenti negativi tra cui ansia e depressione[4]
  • gioca per trovare un modulatore dell’umore[5]
  • gioca per compensare l’isolamento sociale[6]
  • gioca per provare un senso di sicurezza e di appartenenza
  • gioca per compensare la sindrome del nido vuoto
  • gioca per combattere solitudine, senso di estraneità, anomia e alienazione[7]
  • gioca per colmare un vuoto affettivo[8]
  • vive un bisogno di rivalsa all’interno di una relazione significativa
  • tenta di risarcirsi in relazione a una perdita (traumi, stress, lutti)
  • gioca per affrontare la pressione quotidiana (relazioni di cura, carico familiare)[9].

Per quanto riguarda la tipologia, mentre i maschi preferiscono forme di gambling più orientate all’azione ed alla ricerca di sensazioni forti,  le donne sembrano prediligere forme non strategiche di gioco d’azzardo, maggiormente orientate alla fuga, come il lotto, i gratta e vinci, il bingo o le slots machines: diversi studi indicano queste ultime due tipologie come le attività più problematiche[10].

A quali bisogni rispondono le slot e simili?

Le donne giocano per scacciare la solitudine, le frustrazioni, la depressione, come reazione ad una coppia conflittuale, cercano in sostanza di sfuggire a delle situazioni affettive negative. Il gioco consente anche di compensare l’isolamento sociale, provare un senso di sicurezza, di appartenenza, di compensare la sindrome del nido vuoto, talvolta soddisfa il bisogno di rivalsa all’interno di una relazione significativa, o un tentativo di autorisarcimento in relazione ad una perdita affettiva o economica, ad una malattia o ad una menomazione fisica. Altre volte nasce dalla necessità di affrontare la pressione quotidiana in relazione ad un ruolo di cura ed alle preoccupazioni connesse. Il gambling dunque, per la donna, ha un effetto ipnotico, serve da tranquillizzante ed intorpidisce i sensi, rappresentando una possibilità di coping per emozioni altrimenti difficili da gestire.

Molto spesso queste donne hanno realizzato sé stesse prevalentemente attraverso la famiglia,  hanno dedicato gran parte della loro vita alla cura dei figli e del partner, accollandosi tutte le responsabilità, ma dimenticandosi di alcune parti di sé. Dall’esperienza clinica emerge l’immagine di una donna che non si sente sostenuta e vista dal proprio partner, con il quale ha una relazione conflittuale, affettivamente fredda. Spesso si tratta di donne energiche, vitali, creative. Quando i figli crescono e cambiano bisogni e compiti di sviluppo, vivono un senso di vuoto e sentono la loro vita coniugale come insoddisfacente generando un forte senso di frustrazione. In questa fase del ciclo vitale le donne sperimentano la perdita di potere e perdita di identità.  Ecco allora che il bingo, la slot, il gratta e vinci,  che fino ad allora sono stati delle abitudini sporadiche, e che magari talvolta hanno anche portato a qualche vincita, diventano degli amanti, degli amici con cui trascorrere un po’ di tempo in spensieratezza.

La letteratura ci dice che le maggiori comorbilità avvengono con tabacco, alcool, shopping compulsivo, c’è anche maggiore associazione con disturbi di ansia e dell’umore.

Alcuni studi sulle differenze di genere nello sviluppo della dipendenza suggeriscono, infatti, che le donne riportano un punteggio maggiore rispetto ai maschi sulle scale di depressione maggiore e disturbo post traumatico da stress, con maggiore probabilità di compiere atti suicidari.

Marcata è la prevalenza di traumi infantili quali abusi fisici, sessuali, psichici, abbandoni, lutti delle giocatrici rispetto alla popolazione femminile[13].

 

10.2 Luoghi di azzardo e luoghi di cura

 

I luoghi dell’azzardo al femminile, come le sale bingo hanno una grande attenzione ai bisogni delle donne, prendono sempre più piede realtà nelle quali vengono affiancati servizi che permettono una conciliazione tra vita personale e gioco. All’interno di queste sale sono attivi servizi di babysitteraggio che consentono alle donne di lasciare i propri figli in ambienti limitrofi, mentre si dedicano alle “giocate”, sottostimando il tempo trascorso in sala. Sappiamo bene, che quando si vive una dipendenza si sottovaluta il fattore tempo e che nel caso delle donne è come se ci si sentisse in una bolla di sapone dove le pressioni e le incombenze quotidiane si dimenticano e ci si lascia avvolgere dalla voglia di rivalsa.

La donna che entra in una sala bingo si sente accolta, competente, trattata con garbo, quindi meno sola e con un senso di appartenenza, al punto tale che i racconti di alcune pazienti descrivono un’accoglienza nelle sale slot simile a quella che ci si potrebbe aspettare in una sala da tè, dove è possibile fare quattro chiacchiere in un clima amichevole, dove anche sapori ed odori richiamano un’idea di benessere.

Come detto in premessa le donne fanno molta fatica ad accedere ai luoghi di cura e le cause sono da ricercarsi su diversi versanti. Primo fra tutti è la connotazione prevalentemente maschile degli attuali luoghi di cura legati indistintamente alle sostanze e non (Ser.D.). Luoghi di cura poco womenfriendly rendono difficile conciliare i processi di prese in carico con la gestione della vita familiare e lavorativa della donna.

Nei Ser.D. risultano veramente poche le esperienze di gruppi di genere con un interesse specifico per la problematica al femminile e anche le ricerche sono molto scarse in questo senso.

Nella pratica clinica abbiamo frequentemente riscontrato e accolto la paura di perdere la custodia dei figli, pertanto risulta importante la diffusione di una maggiore cultura legale, anche attraverso la presenza nei servizi di personale amministrativo-legale competente sulle tematiche da gioco. 

Spesso c’è grande difficoltà da parte dei familiari ad accettare questa problematica come una patologia conclamata, pertanto ci sono tantissime resistenze legate al loro coinvolgimento nei trattamenti, ciò comporta una grande difficoltà nel poter includere con un coinvolgimento autentico la rete familiare nel lavoro terapeutico. Lo psicologo o l’equipe di trattamento hanno il dovere di lavorare a queste resistenze, in un’ottica sistemico familiare poter accedere alle risorse familiari risulta imprescindibile per la cura di tali problematiche.

Possiamo, purtroppo rilevare una differenza sostanziale tra la quantità di ricerche nel campo del marketing per «attirare» clientela al femminile e le politiche di promozione di luoghi di cura che favoriscono l’accesso e il trattamento delle donne.

A questo proposito un dato interessante potrebbe risultare quello che riguarda le casalinghe. Non sembra estraneo alle politiche commerciali il fatto che da qualche anno i gratta e vinci sono venduti nei luoghi che una casalinga nella sua quotidianità frequenta abitualmente: posta, supermercato, bar, tabacchi etc. Sembra che il marketing nel campo del gioco d’azzardo più che muoversi nell’ottica della prevenzione ricerchi quali metodologie e prassi possano essere più attraenti per l’universo femminile, tutto ciò ignorando la drammatica ricaduta sociale, specie in una società come la nostra da sempre fondata sulla famiglia.

Dalla nostra esperienza clinica possiamo riferire che l’affluenza ai servizi da parte delle donne è realmente molto scarsa, così come definito anche dai dati nazionali.

Dal libro “Il Gioco senza Sorriso” di Roberto Malinconico

 

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