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Il Gioco senza sorriso

Introduzione[1]

 

            Il pianeta dipendenze ha assunto negli ultimi decenni aspetti mutevoli sia per quanto riguarda il cambiamento che ha preso il mercato delle sostanze, tra vecchie e nuove (chimicamente sempre più aggressive), sia per la crescita delle dipendenze senza sostanza: una crescita per numero della popolazione interessata, ma anche per il ventaglio di specificità che esse abbracciano.

            Lo sviluppo della rete internet è stato il volano di questa crescita fornendo opportunità impensabili solo venti o trent’anni fa. Non solo perché sono comparsi e diffusi i giochi on line, ma anche per la rivoluzione delle slot machine stesse, passate da meccaniche a elettroniche.

            Anche il cambiamento del moderno stile di vita, ovvero sempre collegati attraverso il cellulare, che svolge ancora anche la funzione di telefono ma è sempre più un passportout capace di accedere alle offerte del nuovo mondo globalizzato. In pratica, se una volta bisognava raggiungere Sanremo, Venezia, Montecarlo, Campione o Sant Vincent, località nell’immaginario collettivo elitarie e per ricchi, per fare una puntata al panno verde o tentare la fortuna alle slot machine,oggi basta un account ad uno dei migliaia e migliaia di casinò on line per puntare a Las Vegas come a Sidney, o scommettere a Londra su di una partita del campionato di pelota in Canada, o giocare ai cavalli da un sito delle Antille, puntando sulla tris vincente della corsa che, in diretta, si sta svolgendo all’ippodromo vicino casa.

            I tempi del film La stangata[2],dove Newman e Redford vivono ed organizzano la loro esistenza intorno al mondo delle scommesse, rimarranno nella memoria di tanti di noi e con una vena di nostalgia. Oggi quel mondo, quell’idea geniale della truffa che era il leitmotiv del film, non sarebbe più praticabile. Grazie alla rete siamo in tanti luoghi nel mondo, senza muoverci da casa.

            I moderni smartphone, oltre ad essere la nostra finestra sul mondo, per lo più virtuale, presentano una vetrina davanti alla quale risulta difficilissimo non venire coinvolti. La gestione dei dati sensibili, quali mail, numeri telefonici ed altro ancora sono gestiti in maniera utilitaristica dai grandi net-work che governano la rete: i nostri dati sensibili, unitamente alle nostre preferenze di navigazione, sono ceduti ad aziende terze in partenariati economici, che a loro volta bombardano i nostri cellulari, la nostra casella di posta elettronica, i nostri profili social di offerte, di opportunità, di un eldorado improbabile nel quale finiamo per cedere al canto delle sirene da improvvisati Ulisse[3], non attenti a proteggersi dall’ignoto pericolo.

            Risulta evidente che le future generazioni e gli adolescenti di oggi sono i più esposti a questo rischio. Essi sono nativi tecnologici e come tali stanno sviluppando un rapporto simbiotico con le nuove tecnologie, con la rete e il mondo virtuale che, se non correttamente educati a tali usi, gonfieranno le file di coloro che potranno sviluppare dipendenze comportamentali: internet, shopping compulsivo, videogiochi, scommesse e gioco d’azzardo, dipendenze sessuali e alimentari saranno una delle nuove frontiere della dipendenza.

Zygmunt Bauman definisce il prodursi del disagio della post-modernità: <<L’instabilità è il terreno della nostra società. Le persone oggi sono insicure, non sanno come fare da soli, sfuggono alla solitudine, all’abbandono con Facebook, social network, chat, sms. La comunicazione digitale ha influenzato lo sviluppo delle dipendenze. La vita off-line dipende dalla vita on-line. Viviamo in due mondi diversi schizofrenici: on-line ed off-line. Comunichiamo circa sette ore e mezzo attraverso gli schermi. Prima si viveva on-line in comunità, ora si vive off-line in rete. E’ una vita con delle offerte molto attraenti. Tutto è più facile! La comunicazione digitale è solo infantile. Questa situazione liquida, volatile, imprevedibile, può spingere le persone a “buttare la spugna”>>.

            Anche il mondo dei migranti tecnologici (la popolazione degli over 30) non è per nulla al sicuro dal rischio di sviluppare delle dipendenze comportamentali; pur off line,pur vivendo solo le proposte della strada, dei locali e dei negozi del quartiere:magari cominciando a consumare qualche ora del proprio tempo alle slot machines del bar sotto casa o nella sala scommesse dove tra la visione di una partita e l’altra fare “qualche puntata fortunata”, o ancora al tabacchi dove nel giro di meno di un’ora, tra lotto10elotto e gratta&vinci, si riesce a “bruciare” lo stipendio/pensione appena ritirata.

Ad incentivare questa tendenza spesso vi è la mancanza di lavoro, l’aumento delle sintomatologie ansiose e depressive nella popolazione over 50, ma anche l’aumento incontrollato dei luoghi, dedicati e/o promiscui, dove poter giocare e/o scommettere.

Infatti, è sotto l’occhio di tutti l’apertura di nuovi punti scommessa e di sale dedicate alle slot machine. Personalmente credo che siano anche attenzionate dalle forze dell’ordine e dalla magistratura: non c’è una logica capace di spiegare il perché su cinque nuovi esercizi commerciali che vengono aperti, due sono dedicate al gioco e/o alle scommesse; né si spiega il perché del 90%, ed oltre, di bar con una sala slot.

Non è sufficiente il vantaggio economico come spiegazione.

Certamente l’aspetto economico è centrale in questa questione, ma unicamente se lo si collega al notevole flusso di denaro che movimenta, tanto da farne delle vere e proprie “lavanderie” gestite dalla criminalità organizzata per il riciclo del denaro sporco proveniente dalle altre redditizie attività illecite, quali il traffico e lo spaccio di droga, le estorsioni e le contraffazioni.

            Il rapporto tra offerta e una domanda che svilupperà una dipendenza non è automatico, anche se la continua esposizione ad un’offerta aggressiva e capillare diventa veramente difficile da eludere. Infatti, per restare sul terreno on line, la moltitudine di siti che gestiscono scommesse o altri giochi on line propongono incentivi e bonus, spesso elevati, a chi si registra ed inizia a giocare con loro: per un periodo più o meno lungo, l’avventore gioca con soldi non suoi equilibrando tra vincite e perdite virtuali (ovvero movimentate su un conto autorizzato dallo stesso gestore). È ignaro di una costante meccanismo di rielaborazione che lo spinge a rivedere continuamente le tracce mnemoniche lasciate dalle giocate fatte; è come un file lasciato aperto in un computer che continua a lavorare, prescindendo dalla nostra volontà di volerlo implementare: nel momento che ritorniamo su quel file è come se non ci fossimo mai allontanato da esso.

In pratica abbiamo continuato a giocare anche per tutto il tempo, anche quando non lo stavamo facendo.

            Lo stesso meccanismo avviene con le slot e con i gratta&vinci che presentano un algoritmo che gestisce le vincite ogni numero di giocate effettuate (nelle slot) o per ogni dato numero di biglietti stampati (nei gratta&vinci): nella relazione compulsività e craving presente nella dipendenza da gioco d’azzardo patologico (GAP) è proprio questa “certezza” della vincita che tiene alti e costanti i livelli di adrenalina e spinge ad organizzarsi in ogni modo per poter continuare a giocare prima che sia fumata la vincita. Anche tante altre condizioni intervengono nel rafforzare il legame tra gioco d’azzardo e soggetto, fino a determinarne la strutturazione di una vera dipendenza senza sostanza.

            Gli ultimi anni hanno in qualche modo rivoluzionato il pianeta dipendenze: invasione del mercato della cocaina e delle nuove droghe (molte delle quali etichettate come ricreazionali), presenza crescente delle dipendenze comportamentali (ovvero, tutte quelle dipendenze che si manifestano senza l’uso di sostanza), inadeguatezza del Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) a dare nuove risposte alle nuove forme di dipendenza attraverso la sua rete di Ser.D..

            Davanti a questi cambiamenti, operatori e servizi stanno imparando i nuovi linguaggi e le nuove forme delle dipendenze, unitamente a nuovi riferimenti normativi che stanno riorientando i servizi pubblici e del privato sociale nell’affrontare queste nuove sfide.

            Questo libro cerca di aprire una riflessione sulle problematiche delle dipendenze comportamentali e, nello specifico, del gioco d’azzardo patologico (GAP).

            Da diversi anni, un’esperienza d’intervento e di trattamento delle dipendenze comportamentali è operativa in provincia di Caserta. Essa, promossa dal Dipartimento Dipendenze dell’ASL Caserta, interviene sull’intera provincia (una popolazione di circa 1milione di abitanti) anche attraverso l’utilizzo di unità mobili e operatori di strada che intervengono presso i principali luoghi di aggregazione, gli istituti scolastici e la popolazione a rischio in generale.

Da tale esperienza nasce questo libro e il modello di lavoro che propone, in particolare nel trattamento dei cittadini con dipendenza da GAP, presenta peculiarità proprie di un modello per il trattamento e la cura delle dipendenze comportamentali.

            Il libro, frutto di un lavoro collettaneo, è strutturato in capitoli, con tre differenti prospettive di lettura della dipendenza da GAP.

La prima parte (capitoli I, II e III) propone un inquadramento della dipendenza da gioco d’azzardo patologico e un’ipotesi di trattamento attraverso la terapia di gruppo: il gruppo educazionale (Gr.Ed.).

La seconda parte (capitoli IV, V e VI) presenta la rappresentazione esperienziale di chi ha lavorato con il gruppo educazionale, ma anche di quanti hanno vissuto in prima persona la dipendenza da GAP (come fruitori o come familiari) che si sono narrati, che hanno messo a nudo gli anni della dipendenza e riflettuto sulle motivazioni e le ragioni della scelta di smettere e della terapia di gruppo svolta. Questo secondo blocco di capitoli raccoglie anche un glossario emozionale, costruito durante un anno di incontri di gruppo, composto di parole chiave che hanno caratterizzato il gruppo nel suo svolgersi.

La terza parte (capitoli VII, VIII e IX) offre una panoramica della situazione normativa in Italia e nella regione Campania, ma anche un modello organizzativo di Dipartimento Dipendenze, come quello che sta operando in provincia di Caserta. Completa la terza parte l’analisi statistica su un campione di 248 cittadini con dipendenza da GAP, in trattamento presso gli ambulatori dell’unità operativa delle Dipendenze Comportamentali dal 2013 al 2016.

Una panoramica che aiuta a inquadrare il profilo del giocatore d’azzardo patologico o problematico.

 Una doppia appendice chiude il libro.

  Una delle due appendici riporta, come esempio operativo, un decreto in cui un tribunale ha nominato un amministratore di sostegno per un dipendente da GAP.

  Nel 2015 insieme al Dipartimento di Psicologia della SUN è stato svolto un interessante studio su impulsività e disponibilità al rischio, condotto su di un campione di pazienti dipendenti da GAP, tra quelli in trattamento presso gli ambulatori dell’unità operativa delle Dipendenze Comportamentali, raffrontato con un gruppo campione “sano”.

Il lavoro di ricerca è stato pubblicato sulla rivista Springer Science+Business Media New York nel 2016: nel libro è inserita la versione originale in inglese con a fronte il testo tradotto in italiano. Esso rappresenta un’interessante spunto di riflessione su alcuni precursori individuabili come possibili anticipatori di una dipendenza da GAP ed è sembrato utile riportarlo in questa pubblicazione.

Questo libro non ha la presunzione di essere esaustivo sulla questione dipendenza da GAP, ma è certo di poter contribuire al dibattito, che su questo tema si sta sviluppando tra gli addetti ai lavori, offrendo un modello d’intervento ed una metodica di lavoro che si sta sperimentando da diversi anni in provincia di Caserta.

Un modello di trattamento delle dipendenze comportamentali, e del GAP nello specifico, col quale si stanno confrontando operatori e cittadini/e con problematiche di dipendenza da gioco d’azzardo patologico e che sta dando buoni risultati nella dismissione da tale patologia.

Il libro, come già ho detto, è un prodotto plurale. Esso si è avvalso di tante collaborazioni e contributi che lo hanno reso più ricco e interessante di quanto sarebbe riuscito ad essere, se fosse stato frutto unico del curatore. I colleghi e le colleghe che hanno partecipato, i pazienti che hanno tracciato il cuore di questo libro e le tante disponibilità ricevute, meritano molto di più dei miei ringraziamenti, che pure sento di dover fare nel modo più autentico e sincero, oltre che di presentare ciascuno di loro nel personale profilo professionale: nelle ultime pagine del libro sarà possibile trovare una nota biografica e professionale di quanti hanno collaborato alla realizzazione di questo libro; per quanto, invece, riguarda le narrazioni dei pazienti e dei familiari sono stati usati nomi e località di fantasia, alfine di preservarne la riservatezza.

[1]di Roberto Malinconico

[2]La stangata è un film del 1973 diretto da George Roy Hill, con Paul Newman e Robert Redford, vincitore di 7 premi Oscar. 

[3]Alle Sirene giungerai da prima, / Che affascìnan chiunque i lidi loro / Con la sua prora veleggiando tocca. / Chiunque i lidi incautamente afferra / Delle Sirene, e n’ode il canto, a lui / Né la sposa fedel, né i cari figli / Verranno incontro su le soglie in festa. / Le Sirene sedendo in un bel prato, / Mandano un canto dalle argute labbra, / Che alletta il passeggier: ma non lontano / D’ossa d’umani putrefatti corpi / E di pelli marcite, un monte s’alza. /Tu veloce oltrepassa, e con mollita / Cera de’ tuoi così l’orecchio tura, / Che non vi possa penetrar la voce. / Odila tu, se vuoi; sol che diritto / Te della nave all’albero i compagni / Leghino, e i piedi stringanti, e le mani; / Perché il diletto di sentir la voce / Delle Sirene tu non perda. E dove / Pregassi o comandassi a’ tuoi di sciorti, / Le ritorte raddoppino ed i lacci. (Odissea di Omero, Libro XII – Traduzione di Ippolito Pindemonte)